Diocesi di Senigallia

VIVERE LA SETTIMANA SANTA IN FAMIGLIA

Con grande forza davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù” (At 4,33)

La Quaresima 2020 è iniziata povera: povera di riti, povera di incontri, povera perché privata dei nostri segni tanto cari, delle nostre abitudini che custodiscono la fede cristiana e la sostengono nella fatica che tutti facciamo nel cammino di conversione. Povera, ma forse, nella sua povertà, custodisce messaggi, opportunità, esperienze che possono dare alla nostra fede un’occasione preziosa di purificazione, di crescita, di maturazione.

Questa Quaresima, inoltre, ci fa stare ancora più “vicino” a tutti coloro che stanno male, a chi lavora per il benessere delle persone, ai familiari di coloro che, purtroppo, muoiono, a chi è in difficoltà materiale e spirituale.

Ecco alcune idee di fondo da vivere:

  1. La famiglia “Chiesa domestica” in ascolto della Parola di Dio

«La presenza del Signore abita nella famiglia reale e concreta, con tutte le sue sofferenze, lotte, gioie e i suoi propositi quotidiani» (Amoris Laetitia, 315). Possiamo mettere a frutto questo tempo particolare come il tempo in cui ogni famiglia cristiana può riscoprire che è una parte essenziale della Chiesa, che si costruisce a partire dai piccoli gesti quotidiani, dove Gesù è stabilmente presente.

Celebriamo quindi la Pasqua “restando a casa”, mettendo al centro la Parola di Dio, come ci ha scritto il Vescovo all’inizio della Quaresima: “Vi ricordo anche che la nostra fede si nutre alla ‘duplice mensa della parola di Dio e dell’Eucaristia’. Per questo vi invito a frequentare la ‘mensa della parola di Dio’, con la lettura e la preghiera personale e in famiglia del libro delle Scritture Sante”.

Ogni famiglia si inventi uno spazio con dei segni che richiamino la fede: un cero, un crocifisso, una tovaglia particolare che viene messa sulla tavola nei momenti in cui prega… Tutto questo poi potrebbe rimanere come un’esperienza che si può sempre ripetere: possiamo celebrare la fede nelle case, nella vita quotidiana, in ogni giorno. E chi è solo? Se si rimane soli si celebra lo stesso, perché «il Padre vede nel segreto» (Mt 6,6) della tua stanza e ascolta le tue preghiere forse ancora di più perché segrete!

  • La Comunità cristiana, popolo di Dio

Questa “emergenza” è l’occasione perché «emerga» il popolo di Dio come soggetto vivo della fede. Non come soggetto passivo, che assiste ad un rito che altri celebrano per lui, ma che si scopre «popolo sacerdotale», in grado di celebrare. E le chiese? Rimangono aperte. Perché rappresentano il segno che la fede non è mai un fatto individualistico e neppure “familistico”. C’è una famiglia più grande, nella quale ciascuno è inserito, di cui sentirsi parte, fratelli e sorelle e tutti insieme figli e figlie. Per questo serve una parola che venga dalla Chiesa. Ascoltare la predicazione del Papa ci fa sentire parte di una Chiesa universale, ascoltare la parola del Vescovo ci inserisce nella Chiesa particolare di cui siamo parte; poter ascoltare anche una parola che viene dalla nostra parrocchia, richiama il legame più prossimo con una concreta comunità di credenti. Per questo è utile che i mezzi di comunicazione rendano possibile ascoltare la parola della Chiesa restando a casa.

  • Il Sacerdozio battesimale

Il Concilio Vaticano II nel documento Lumen gentium al n. 10 ci dice che i battezzati formano un “tempio spirituale” e sono chiamati a offrire ogni giorno le loro attività: questi sono i loro doni, i loro “sacrifici”. Lo dice San Paolo nella lettera ai Romani: offrite “i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale (Rom 12,1).

E’ la corresponsabilità di tutti i cristiani alla missione della Chiesa: un sacerdozio rivolto all’esterno, a servizio del mondo, e in questo senso realizzatore di un culto che si esercita non nel tempio, ma lungo le strade, nei luoghi di incontro, di lavoro, di gioia e di sofferenza.

  • La Carità

Come vivere la carità in questo tempo?

  • Accogliersi fino in fondo all’interno delle proprie famiglie;
  • stai accanto a chi è solo: prendiamoci cura di chi è vicino a noi per esempio informandoci su come sta facendogli una telefonata; portando
  • telefona in parrocchia se hai bisogno di qualcosa o se conosci situazioni che hanno di bisogno;  
  • prega per chi soffre e chi lavora per i malati;
  • sostieni il progetto della Caritas diocesana “Ridiamo vicinanza”;
  • usa in modo pacifico i social (vedi decalogo).
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